Per scoprire quali saranno i provvedimenti adottati con la riforma Irpef occorrerà attendere le prossime settimane. La manovra approvata dall’esecutivo ha ampio respiro, visto che, oltre alla riduzione dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, sarà messa mano pure sull’Irap, per finanziare l’apposito fondo delle tasse con 8 miliardi. Per il taglio del cuneo fiscale non si fanno scelte e si indicano due vie, la revisione delle detrazioni o la riduzione delle aliquote. Ecco quali effetti potrebbe avere sulle buste paga.
Sarà un emendamento del Governo, ma scritto con il Parlamento, a indicare nello specifico come si userà la dote di 8 miliardi di euro che la legge di bilancio del governo Draghi ha destinato per il 2022 alla riforma fiscale con l’intento di abbattere Irpef ed Irap. Come spiegato dallo stesso premier in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri, il tema emendamento sarà affrontato con le organizzazioni sociali e nelle settimane a venire sarà valutata dalle commissioni Finanze di Senato e Camera.
I sindaci hanno chiesto alle autorità governative di indirizzare completamente il fondo da 8 miliardi per ridurre, esclusivamente e interamente, la pressione fiscale alla riduzione delle tasse ai lavoratori dipendenti, ai pensionati e alle famiglie. Si conferma, intanto, la bocciatura del sistema tedesco con le aliquote a progressività continua.
Riforma Irpef: studi in corso
Il Governo starebbe studiando le aliquote centrali, che forse saranno ridotte, in linea con le varie ipotesi avanzate nel corso dei lavori delle Commissioni Finanze sulla Riforma. Consultando il testo redatto, non verranno, invece, rivisti i contributi, come invocato da Confindustria.
Stando al Corriere della Sera, l’obiettivo principale dell’esecutivo consiste nella riduzione del peso fiscale sul ceto medio e una delle strade percorribili sarebbe quella dell’abbattimento del costo lavorativo, mediante la riduzione di due punti percentuali dell’aliquota Irpef attualmente del 38 per cento, che andrebbe limata al 36 per cento.
Al momento attuale, l’imposta lorda è calcolata applicando aliquote che vanno da un minimo del 23 a un massimo del 43 per cento, in maniera progressiva: il 23% sui primi 15 mila euro, il 27% da 15.000,01 a 28 mila euro; il 38% da 28.000,01 ai 55.000 euro, il 41% dai 55.000,01 ai 75 mila euro, il 43% per i redditi oltre i 75 mila euro. Con l’ipotesi della riduzione dell’aliquota dal 38 al 36 per cento ne trarrebbero beneficio esclusivamente i contribuenti con un reddito superiore ai 28 mila euro annui.
Il caso di un dipendente con coniuge e due figli a carico
Nell’ipotizzare il passaggio dal 38 al 36 per cento, il Corriere prende a riferimento il caso di un dipendente con coniuge e due figli (di età superiore ai 3 anni) a carico, in presenza di un monoreddito familiare e senza oneri deducibili o detraibili da scomputare oltre le detrazioni per carichi familiari. In tale circostanza – si legge sul Corriere – avrà accesso al vantaggio fiscale solo laddove il reddito sia incluso nel range tra i 28 mila e i 55 mila euro, assoggettato all’aliquota del 38 per cento. Più ci si avvicina ai 55 mila euro e maggiore sarà il risparmio fiscale, che resterà invariato pure oltre la soglia dei 55 mila euro.
Se l’aliquota si abbassasse dal 38 al 36 per cento, dunque, con un reddito fino a 28 mila euro la situazione rimarrebbe identica. Con un reddito di 50 mila euro il carico fiscale diminuirebbe di 440 euro. I contribuenti con reddito di oltre 55 mila euro ne risparmierebbero 540 e ciò costituisce il valore massimo possibile, poiché non sono finora vagliate modifiche alle successive aliquote.
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