Made in Italy: la top 10 dei prodotti più contraffatti

La Coldiretti lancia l’allarme sul falso Made in Italy, con la top 10 dei prodotti più “taroccati”, chiamati coi nomi più improbabili.

Made in Italy

Oltre 100 miliardi di euro. A tanto ammonta la top 10 prodotti alimentare Made in Italy più contraffatti all’estero, il doppio del valore delle esportazioni di cibo italiano nel mondo. Chi lo comunica è Coldiretti, la quale, nel corso di Tuttofood, organizzato presso la Fiera di Milano a Rho, ha illustrato i primi dieci prodotti più contraffatti su scala planetaria. Si passa da Parmesao e Reggianito a Mortadela di Sicilia e Zottarella. Nomi alquanto improbabili, che tendono però ad ingannare facilmente il consumatore estero. La piaga è davvero diffusa e perciò servirebbero interventi in grado di contrastare con efficacia tale pratica scorretta.

Made in Italy “farlocco”: la piaga dell’italian sounding

Il fenomeno analizzato è chiamato “italian sounding” e vuol dire usare parole, simboli o colori evocanti il nostro Paese per immettere in commercio beni non realizzati lungo la penisola, a differenza di quanto si lascia credere. Secondo le statistiche portate alla luce, più di due terzi dei prodotti agroalimentari tricolori sono taroccati, senza nessun genere di legame occupazionale e produttivo con l’Italia. Gli effetti negativi provocati sono alquanto evidenti. Difatti, in base alle rilevazione compiute dalla Coldiretti, mediante la lotta al falso Made in Italy vi sarebbe modo di creare 300 mila posti di lavoro.

La mozzarella in testa alla graduatoria

Il bene più imitato in assoluto è la mozzarella. A produrre le contraffazioni del formaggio fresco, simbolo della tradizione gastronomica italiana, sono principalmente gli Stati Uniti, dove, ogni anno, vengono prodotti circa 2 miliardi di kg, ovverosia venti volte il volume totale dell’export di mozzarella autentica italiana fuori dai confini nazionali. Ma la panoramica va al di là degli USA, sicché le imitazioni del nostro “oro bianco” sono rinvenibili un po’ dappertutto, dall’Argentina al Brasile, dalla Danimarca agli Stati dell’Est Europa quali Romania, Slovenia e Ungheria, dalla Tailandia allo Sri Lanka, fino alla tedesca Zottarella. Peraltro, pure in Russia, a causa dell’embargo sui prodotti del Vecchio Continente stabilito da Vladimir Putin, è nata una fiorente industria di falso Made in Italy: qui a primeggiare è sempre la produzione di pseudo-mozzarella.

La classifica prosegue con ulteriori tipologie di formaggio. In seconda posizione tra i prodotti più imitati vi sono due classici quali il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. C’è “l’imbarazzo della scelta” per le varianti che in vari angoli del pianeta provano a spacciarsi subdolamente per Made in Italy: Parmesao, Parmesan e Reggianito – giusto per citarne qualcuno. Dalle ricerche svolte da Coldiretti, scopriamo poi che la terza e quarta posizione è appannaggio del Provolone e del Pecorino Romano, particolarmente diffusi soprattutto nel continente americano, dagli States fino all’Argentina.

Salame a metà della top ten

A metà della top ten si piazza, invece, il salame che, a seconda delle Nazioni taroccatrice, viene chiamato nei modi più bizzarri. Si va da quel salame Toscano al Calabrese, e anche quello Fiuliano, Milano, Genova, Firenze, Napoli e addirittura un improbabile salame Bolzano, oltre che Casalingo. Insomma, non c’è davvero limite alla fantasia nell’italian sounding. Il danno economico scaturito è enorme e il tentativo di Coldiretti consiste, appunto, nel sensibilizzare verso una tematica fin troppo spesso trascurata tra le questioni all’ordine del giorno.

La seconda metà della classifica del falso Made in Italy

Al sesto posto figura la Mortadella. I tedeschi sono i “re” dei taroccatori, sebbene il tipico salume emiliano trovi falsari pure in Spagna (con la loro Mortadela Siciliana), Ungheria, Argentina e Brasile. E (udite udite) a copiarci il tipico salume è perfino il Qatar, dove si producono versioni ottenute mediante carne di pollo e di manzo, al fine di non contravvenire al divieto di mangiare carne di maiale da parte dei clienti di fede musulmana.

A loro volta, i sughi e le passate “italian style” costituiscono una fetta rilevante del mercato del falso Made in Italy. Essi rappresentano il settimo posto della top ten, “grazie” soprattutto ai francesi, belgi e inglesi, ma gli americani non si smentiscono neppure qui: si va dal sugo San Marzano a stelle e strisce al sugo bolognese, non esistenti nella cucina tricolore ma particolarmente gettonati presso i ristoranti italiani all’estero, in accoppiata con gli spaghetti. È davvero questione di un attimo cadere vittima nelle trappole per le popolazioni estere, totalmente all’oscuro delle peculiarità che caratterizzano il Belpaese.

Le bevande

Ai posti successivi della “classifica degli orrori a tavola” spuntano i vini, a cominciare dal Prosecco, il più esportato al di fuori dei nostri confini, all’ottavo posto per via di imitazioni quali il Concesso, il Kressecco, il Meer-secco, il Perisecco e il Semisecco tedeschi. La risposta austriaca si chiama Whitesecco, mentre in Russia spopola l’omonimo Prosecco (ovviamente, una “sola al 100 per cento”), in Moldova il Crisecco. Infine, in Brasile, nella zona del Rio Grande, vari produttori rivendicano il diritto di andare avanti a usare la denominazione prosecco in virtù dell’accordo tra Unione Europea e Stati del Mercosur.

E forse il peggio deve ancora venire. Difatti, la situazione rischia ulteriormente di compromettersi qualora le istituzioni comunitarie decidessero di dare il via libera al riconoscimento del Prosek croato. Sarebbe l’ennesima beffa per le aziende vinicole realmente produttrici del Prosecco. Il loro giro d’affari sarebbe decisamente migliore qualora vi fosse una maggiore trasparenza sul mercato e una minore tendenza delle compagnie di porre in pratica queste pratiche scorrette, purtroppo difficili da debellare.

Divampano peraltro le imitazioni del Chianti, da quello californiano al wine kit per prepararlo fai da te usando da polveri ad alambicchi. I creatori di tali confezioni, davvero inquietanti, sono soprattutto gli Stati Uniti e il Canada, ma l’elenco non si esaurisce al Nuovo Continente. Uno spazio ben poco nobile se lo ritagliano anche la Gran Bretagna. Al decimo e ultimo posto della classifica stilata da Coldiretti in merito al falso Made in Italy troviamo le stucchevoli ma decisamente diffuse imitazioni del pesto alla genovese, che si può trovare tanto nella Germania quanto negli Stati Uniti con lo Spicy Thai Pesto, e, giusto per non farsi mancare nulla ma propria nulla, addirittura in Sudafrica, dove c’è il Basil Pesto.

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