Prezzo metano ai massimi storici: quanto costa un pieno

Il prezzo del metano raggiunge dei picchi storici. Ecco quanto costa fare un pieno oggi, alla luce del netto incremento di quotazione.

Prezzo metano

L’impennata delle quotazioni del gas naturale e di altri combustibili fossili comincia ad avere ripercussioni pure nell’ambito della mobilità, con rilevanti aumenti ai distributori. Il GPL ha toccato una media sugli 0,735 euro al litro, rispetto ai 0,592 di dodici mesi fa. Gli incrementi hanno interessato anche il prezzo metano per auto, il cui valore oscilla tra gli 1,157 e gli 1,631 euro al kg, con un rialzo di oltre 20 centesimi al kg in confronto a poco tempo fa. Presso certe stazioni il costo del gasolio va da un minimo di 1,624 a un massimo di 1,762 al litro.

Il rincaro del metano nei trasporti è ragguardevole, anche perché è sempre stato associato, specie lungo la nostra penisola, a consistenti risparmi al distributore. Invece, negli scorsi giorni, in alcune stazioni del centro-nord il costo è schizzato a 2 euro al kg, circa il doppio di qualche mese fa, quando veniva venduto a circa 1 €/kg. Nonostante il prezzo del gas lieviti su scala globale, l’aumento della spesa da mettere in conto per il metano, inerente alle auto, è notevole, poiché all’inizio di ottobre ha avuto luogo il rinnovo dei contratti di fornitura energetica.

Prezzo metano: le associazioni di settore esprimono preoccupazione

Le associazioni di settore esprimono forte preoccupazione. Per esempio, Federmetano, l’associazione nazionale dei trasportatori e distributori, ha sottolineato come il repentino incremento dei valori di mercato del gas abbiano spinto il prezzo verso livelli fin qui mai immaginato da nessuno, rappresentando una anomalia in piena regola. Nella nota, chiede dunque all’esecutivo di intervenire attraverso sgravi fiscali.

I rialzi, soprattutto del metano, sono dettati allo stato particolare in cui da alcune settimane versa l’Europa: le riserve di gas naturale sono ai loro minimi storci dal 2013, in una fase dove i consumi stanno significativamente crescendo sia per l’arrivo dell’inverno sia per la ripresa della produzione industriale, a seguito della recessione avvenuta mentre imperversava l’emergenza epidemiologica. La domanda è particolarmente elevata e al contempo l’offerta limitata, principalmente per via della Russia, uno dei fornitori di gas cruciali per il Vecchio Continente, la quale non ha aumentato le forniture in maniera significativa.

Gas naturale: perché è tanto essenziale in Europa

Il gas naturale consiste in una delle risorse principali mediante cui in Europa si produce energia, pure in quelli dove avviene con un mix abbastanza diversificato e che annovera parecchi fonti come petrolio, carbone, idroelettrico, biomasse, nucleare, solare ed eolico. Il Belpaese è maggiormente esposto alle oscillazioni di mercato, poiché viene impiegato per circa il 50 per cento dell’energia prodotta nei nostri confini. Circa due terzi del fabbisogno nazionale sono, inoltre, coperti dall’import, con le implicazioni che ciò comporta nel mantenimento dei prezzi sotto controllo.

La settimana scorsa l’ARERA ha reso noto che, per la famiglia tipo, la bolletta luce e gas salirà rispettivamente del 29,8 e del 14,4 per cento nell’ultimo trimestre del 2021. L’incremento delle bollette è stato in parte attenuato dal governo, che ha stanziato le necessarie risorse per contenere i prezzi. Senza il provvedimento in questione, il rialzo sarebbe stato del 45 per cento sulla bollette dell’energia elettrica e di oltre il 30 per cento su quella del gas.

Martedì 5 ottobre le quotazioni del gas naturale ha scritto un nuovo record sul mercato continentale, suscitando i timori circa la crisi energetica. I contratti per la consegna a novembre del gas sono aumenti del 23 per cento in confronto al mese precedete, toccando i 117,50 euro per megawattore, il 400 per cento in rapporto a inizio 2021. Le previsioni degli analisti per i mesi a venire non sono rassicuranti, data la preventivabile ascesa dei consumi, specialmente per i riscaldamenti con l’arrivo della fredda stagione.

I tagli degli impianti industriali

Spinti dall’esigenza di tagliare i consumi e conservare qualche margine di profitto, certi impianti industriali europei che si servono di molta energia hanno iniziato a rallentare i ritmi lavorativi. Lo stabilimento chimico tedesco di SKW Stickstoffwerke Piesteritz, compagnia prevalentemente produttrice di ammoniaca, ha reso noto che diminuirà di un quinto la produzione, a causa dell’impennata del costo del gas. Non un caso isolato: altre società ravvisano i medesimi disagi e invocano azioni concrete dei governi per tenere i prezzi monitorati.

Nel frattempo, le imprese stanno cercando di migliorare la loro efficienza. Sforzi che non daranno subito i propri frutti e non risolutivi in un contesto di conclamata emergenza. Gli studiosi segnalano che la crisi rischia di crescere laddove le riserve di gas nel Vecchino Continente continuassero a ridursi, pressoché obbligando l’interruzione di alcune attività. In determinate zone della Cina qualcosa di simile è già successo, con il diktat alle ditte di rallentare i ritmi, per assicurare la fornitura di luce e gas ai complessi abitativi, con le temperature destinate a diminuire.

La Cina ha intensificato l’importazione di gas naturale, specialmente dalla Russia, così da diventare il meno dipendente possibile dal carbone, più nocivo nelle emissioni e che impedirebbe di conseguire gli obiettivi sulla riduzione dello smog. Le autorità governative russe hanno usato la maggiore richiesta dall’Asia come una giustificazione sulle forniture ridotte verso l’Europa, tuttavia vari osservatori sostengano sia una mossa prettamente politica.

La terra degli zar ha ridotto negli ultimi mesi i flussi verso l’Europa mediante i propri gasdotti che passano in Bielorussia, Polonia e Ucraina, esercitando pressioni per l’attivazione del Nord Stream 2, il discusso nuovo grande gasdotto che passa sotto il Mar Baltico, raggiungendo direttamente la Germania.

Prezzo metano: le soluzioni non abbondano

Sulla scena continentale il decremento della produzione sta avendo delle ripercussioni sul normale operato di taluni produttori di fertilizzanti. Quindi, non sono da escludere conseguenze per altri settori, tipo quello agricolo, con ulteriori effetti sulle quotazioni dei beni alimentari. Ai rincari energetici solitamente corrisponde quello di parecchi altri basi, con il possibile incremento dell’inflazione al di sopra dei livelli sperati dalle politiche economiche degli Stati.

A oggi non paiono abbondare le soluzioni. Equinor, l’azienda statale norvegese leader nel petrolio, sta aumentando le forniture di gas verso il Vecchio Continente, intensificando l’operato in due delle proprie aree estrattive nel mare del Nord. Le maggiori forniture dovrebbero arrecare un po’ di sollievo, ma non risolvere la questione e diversi Paesi, tra cui Spagna e Francia, hanno presentato domanda all’Ue di elaborare una strategia condivisa per fronteggiare il problema.

 

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