Natale di blackout: dopo la stangata sulle bollette, si fa strada il rischio

Natale di blackout? Dopo il netto incremento delle bollette luce e gas per il trimestre ottobre-dicembre, divampa il rischio.

Energia elettrica decorazione

Un Natale di blackout non lo si era mai visto. Ma forse è quanto accadrà fra nemmeno tre mesi. Difatti, in seguito ai rincari sulle bollette luce e gas, previsti dal 1° ottobre, si fa seriamente strada l’ipotesi che la crisi, riguardante il settore energetico, causi interruzioni di corrente nel periodo invernale. Oltre a un calo di beni importati dalla Cina, la quale sta già spegnendo le proprie fabbriche.

Natale blackout: una prospettiva da incubo

L’edizione di stamane de La Stampa sottolinea quanto la scarsità di energia rischi di dar vita a una prospettiva da incubo per l’economia, negando la crescita – poiché le attività produttive vengono ridotte – e incrementando l’inflazione – perché i prezzi sono già alle stelle. Inoltre, occorre prendere in analisi la criticità strutturale manifestata dall’inverno scorso, che, rigidissimo, ha pressoché esaurito le scorte precedenti. E la sfortuna climatica di venti deboli, in conseguenza del quale Paesi come la Norvegia hanno visto precludersi la possibilità di fornire più energie rinnovabili.

Per tutte le ragioni sopra evidenziate, chiarisce oggi il quotidiano di Torino, l’unica opzione sul tavolo è quella suggerita da Jeff Currie di Goldman Sachs. “Distruzione della domanda”, ossia consumare meno energia. Un obiettivo alla portata esclusivamente sul piano teorico. A meno di non imitare l’esempio cinese, dove il Paese-Stato ha semplicemente ordinato alle istituzioni locali di spegnere le centrali elettriche.

Nel frattempo, durante il quarto trimestre il prezzo medio dell’elettricità salirà del 29,8 per cento per famiglia, mentre quella del gas subirà un incremento del 14,4 per cento. E, stando a uno studio effettuato dall’Unione Nazionale Consumatori, per una famiglia tipo si tradurrà in un salasso: 184 euro in più per la luce e 171 euro per il gas, su base annua. Conti alla mano, una spesa complessiva maggiore pari a 355 euro. Danni, almeno in parte, attutiti dai 3,5 miliardi di euro stanziati dall’esecutivo italiano.

Preoccupazione sul medio termine

Ma, delinea il Corriere della Sera stamattina, la preoccupazione verte sul medio termine. Le risorse del decreto (pubblicato in Gazzetta Ufficiale venerdì scorso) riducono il colpo per un trimestre ma in quello successivo andranno necessariamente rifinanziate. Mentre l’impennata della domanda internazionale e i rincari delle materie prime investono un orizzonte ben più lungo.

Attraverso un comunicato, Arera parla dell’importanza di individuare interventi strutturali, in considerazione della rilevanza e della straordinarietà degli interventi stabiliti dal governo Draghi per fronteggiare una situazione di prezzi senza precedenti. In caso contrario, lo spettro di ulteriori rincari è dietro l’angolo, sicché a gennaio l’Autorità sarebbe praticamente costretta a intraprendere un percorso di riallineamento del gettito delle componenti Arim e Asos e degli oneri gas.

Le conseguenze per pane e pasta

Nel frattempo, si profila il rischio di aumenti per pane e pasta. Che è direttamente attribuibile all’incremento del costo delle materie prime. A sua volta connesso alla crescita del prezzo dell’energia. Marco Lavazza, numero uno di Unione Italiana Food, lo rimarca oggi in un’intervista al Corriere della Sera.

La ripartenza potrebbe venire compromessa da tre fattori principali: la pandemia, rea di bloccare i flussi, con le conseguenti tensioni già registrate dalla scarsità di container attuale; da speculazioni sulle materie prime, pure alimentari; da imprevedibili avversità climatiche, con scompensi sui raccolti.

 

 

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